ANTIFONA D’INGRESSO
Io t’invoco, mio Dio: dammi risposta,
rivolgi a me l’orecchio e ascolta la mia preghiera.
Custodiscimi, o Signore, come la pupilla degli occhi,
proteggimi all’ombra delle tue ali.
VANGELO
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Parola del Signore
RIFLESSIONE
Gesù ha appena ricordato per la terza volta la sorte che lo attende a Gerusalemme, ma l’arrivismo dei discepoli prende subito il sopravvento sulla paura che per un attimo li aveva assaliti. Dopo la confessione di Pietro a Cesarea e la discussione lungo la strada per sapere chi di loro fosse il più grande, si capisce facilmente l’ambizione che spinge i figli di Zebedeo a rivendicare i posti migliori nel regno messianico della fine dei tempi. Nella corsa ai privilegi, i due sanno bene quello che vogliono, così come gli altri dieci discepoli, nonostante la loro virtuosa indignazione. In realtà non sanno quello che chiedono, e Gesù lo rivela loro, parlando in termini ben diversi di quello che sarà il loro “ministero” e correggendo la loro concezione troppo grossolana del merito, secondo la quale l’uomo potrebbe acquistare dei diritti su Dio. Il vero discepolo può aspirare a una cosa sola: condividere la passione del maestro. Ma non può rivendicare nessuna ricompensa. Dio è libero di donare a chi vuole. Il cristiano parteciperà semplicemente alla condizione di “servo” che fu quella di Gesù, cioè alla sua vita e alla sua morte per gli altri. La vera grandezza cristiana, infatti, non consiste nel dominare, ma nel servire. Queste sono le basi del governo di una chiesa costruita sul servizio, secondo l’esempio del figlio di Dio che si china come uno schiavo a lavare i piedi ai suoi discepoli, e offre per la moltitudine degli uomini il sacrificio del servo sofferente. Troppo spesso, nel corso della storia, il governo della chiesa è stato esercitato come un potere o una dominazione. I suoi responsabili hanno trascurato di mettere a confronto la propria missione con quella del Cristo morto e risorto. Secondo il vangelo c’è un solo modo di regnare: mettendosi a servizio degli altri. I “príncipi della chiesa”, se di príncipi si può parlare, non devono avere nessun’altra aspirazione e nessun’altra pretesa. (ELLEDICI)
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